Quando Cimoxanil irruppe sul mercato permise di passare dai programmi a calendario a quelli ragionati, consentendo la nascita della lotta guidata nei vigneti.
Fino a metà degli anni 70 i programmi in vigneto erano semplici: ditiocarbammati ogni 6-7 giorni fino a fioritura e poi rame fino a raccolta, con dosi per ettaro che potevano arrivare a 10-20 volte quelle attualmente consentite di 4 kg di rame metallo.
Cimoxanil: l’innovazione
Poi arrivò Cimoxanil, molecola per i tempi rivoluzionaria che permise di approcciare la difesa antiperonosporica in ottica curativa anziché solo preventiva.
La molecola rappresentò infatti la seconda importante rivoluzione fitosanitaria a favore della vite e a sfavore della peronospora: dopo 70 anni circa di solo rame, era infatti giunto Mancozeb, registrato in anteprima negli Stati Uniti nel 1948.
Da lì in poi si poterono curare le infezioni in modo ancora più efficace e diversificato, ma sempre a calendario si doveva procedere.
Poi arrivò, come detto Cimoxanil e i tecnici poterono finalmente affinare strategie d’intervento basate su trattamenti mirati in funzione delle piogge infettanti.
La sua capacità di penetrare nei tessuti fogliari e di diffondervi in modo localmente sistemico permetteva infatti di arrestare perfino il micelio nelle sue primissime fasi di sviluppo. Una capacità di cui purtroppo molti abusarono, tirando il collo alla molecola ritenendola miracolosa.
L’utilizzo di Cimoxanil
Come ogni altra sostanza attiva, invece, Cimoxanil funziona entro ben precisi limiti di impiego, ovvero non oltre le 48 ore dalla pioggia infettante. Andare oltre significa esporre il prodotto a possibili insuccessi in campo, come pure ad aprire la strada a fenomeni di resistenza.
Anche il suo uso reiterato da solo non aiutò: all’inizio, la sua elevata efficacia e la sua risolutezza fitosanitaria diedero forse un po’ alla testa di tecnici e agricoltori, i quali lo usarono a lungo senza alcun partner di copertura. Poi, finalmente, si comprese che la miglior strategia era quella di usare il fungicida preventivamente, abbinato a prodotti di contatto come i ditiocarbammati, oppure Folpet o rame.
In alcune miscele fitosanitarie, oltre che con un ditiocarbammato venne anche posto insieme a prodotti sistemici come Fosetil alluminio, al fine di colpire la peronospora in ogni suo stadio. Ciò permise anche di prolungare la durata efficace del trattamento.
Oggi, dopo oltre 40 anni di impiego in campo, questo fungicida azotorganico continua a fornire sugli Oomiceti un’ottima azione preventiva, ma anche curativa, qualità da riservarsi solo quando le condizioni meteo abbiano impedito ogni logica preventiva.
Sul patogeno, infatti, Cimoxanil agisce sia per contatto, sugli elementi di propagazione, sia per azione endoterapica. Il modo d’azione è tutt’oggi sconosciuto nei dettagli (Gruppo FRAC 27). Citotropico e translaminare, penetra velocemente nei tessuti ed entro poche ore dal trattamento risulta resistente al dilavamento, inibendo da un lato la germinazione delle spore e dall’altro lo sviluppo del micelio nel parenchima fogliare.
I campi di impiego del Cimoxanil
Oltre che su vite, Cimoxanil può essere applicato anche su alcune solanacee, cucurbitacee, liliacee, insalate e numerose altre colture orticole. Come miscele pronte all’uso sono consigliabili quelle a due vie con un prodotto di contatto. Tali miscele sono però realizzabili anche unendo differenti formulati in modo estemporaneo, come per esempio rame o Folpet. Nelle soluzioni a tre vie spiccano invece quelle in cui Cimoxanil risulti abbinato a Folpet e a Metalaxil-m, realizzando in tal modo una robusta barriera alle infezioni del patogeno, anche in chiave antiresistenza.